Oscar Wilde aveva ragione.
Le donne, secondo il detto di un francese, ci ispirano il desiderio di compiere capolavori, ma ci impediscono sempre di terminarli, scriveva Wilde. Forse questo aforisma descrive a pieno i sentimenti di mio fratello per Emma. Di come una musa può portarti a creare infinite cose, molte delle quali non porrai a termine mai, perchè maggior valore ha il tempo trascorso con lei, non tanto quello che crei a sua immagine.
Alzo lo sguardo, la lampada che illumina la stanza comincia a starnutire incessantemente. Spengo la luce e torno a rimirare la notte. Ha smesso di piovere, ma i fiumi di gocce fuori la finestra non sembrano trovare un delta. Tutto è appannato. Come la figura di quel bimbo poco prima. E questo mi ricorda la fine di quel racconto improvvisato di Fregoli alla corte della Principessa Emma.
– “…Fregolfrugranfragole si rese conto così di aver passato gran parte di quel periodo guardando il mondo sfocato, come quando attendi un treno in banchina e nel momento del suo arrivo in stazione non metti a fuoco la visuale e guardi fisso dritto davanti a te, pensando che lo scorrere veloce dei vagoni possa essere chiaro. Bastava voltarsi appena per distinguere le linee dei contorni e la luminosità dei colori, ma occorre muoversi, a volte, per capire di dover star fermi.”
Emma era stesa sulla panchina con la testa poggiata sulle gambe accovacciate del più impostore dei narratori, gli occhi chiusi, la pelle splendente, le mani congiunte a controllare l’impercettibile alzarsi e abbassarsi del ventre.
– “E certe volte per ascoltare meglio bisogna sopprimere qualche senso…” aveva aggiunto Emma subito dopo a scagionare la sensazione di colpa dell’aver chiuso gli occhi durante la storia e testimoniando così di non essersi ancora gettata tra le braccia di Morfeo.
Accendi una sigaretta, raccontare una storia ad una dea è appagante come fare l’amore. Resti in silenzio ascoltando il suo respiro, inalando il sapore del suo collo che punta dritto al tuo naso come il mirino del fucile di precisione di un sicario. Ogni respiro è una pallottola d’argento, un centro perfetto nel bersaglio disegnato sulla tua sagoma. Per concentrarti meglio sul suo sapore, socchiudi gli occhi e sfochi la sua immagine rendendo abbagliante il candore del bianco che filtra tra le tue palpebre divenendo lentamente sempre più intenso, sembra quasi fluido, ricordi perchè è il bianco il mare di tutti i colori.
Stai oniricamente scopando con lei, ma neanche te ne rendi conto.
– “Emma noi stiamo andando via, tu che fai?…”, giunge un eco da lontano. Riapri gli occhi e rimetti a fuoco e la vista non ti è mai sembrata così inutile come in quell’istante, quasi come la realtà. Ma Emma non dice niente, neanche accenna un minimo movimento. Silenzio. Tu ovviamente non sai che dire, neanche ci avevi pensato che quel momento doveva finire, troppo immerso nel frullatore delle tue emozioni. L’amica di Emma era nella classica posizione anfora impaziente, con step successivo dello sbattere ritmato del piede destro. “…ok, noi ce ne andiamo, fatti accompagnare o chiamati un taxi…” concluse voltandosi e girando l’angolo della strada rincorrendo le ombre di Angelica e delle altre comparse, una perfetta uscita dal set.
– “Dolce.”
La prima parola di Emma giunge tanto inattesa quanto leggera, pensi.
– “Dolce?”, riecheggi colorato come il pappagallo al quale assomigli.
– “Shirin!…è persiano, significa dolce…”, dice sottovoce Emma alzandosi senza riaprire gli occhi come una principessa risvegliata dall’incantesimo grazie al bacio del principe, l’aria sembra quasi essersi messa da parte al cospetto di cotanta grazia, “…e sua sorella si chiama Setareh, che a sua volta vuol dire Stella, ricordo il secondo nome solo se mi ricordo il primo. La loro madre si chiama Nassim, un nome che simboleggia la primavera o il profumo dell’aria in primavera, non ricordo bene… ma è stato comunque il nostro primo scambio di parole e il modo con la quale ci siamo conosciute. Suo padre è veramente un romantico d’altri tempi, Shirin mi ha raccontato la storia dei loro nomi. Dovrei chiedergli come si dice Argento, in modo da poter descrivere in persiano questa serata, ma non penso di farlo, darle un nome ne sminuirebbe il valore, non credi?”.
Beh, io credo tante cose, come che sono morto, che i corvi stanno già punzecchiando i resti delle mie carni putride sopravvissute allo sciacallaggio di un branco di cani randagi, perchè la Beatrice del mio ultimo viaggio devi essere per forza tu, non ci sono dubbi.
– “Stella d’argento, stella d’argento…”, suggerisci scemo oscillando i pugni a mezz’aria. Ed Emma coreografa a suo piacimento l’imminente presente, recitando ed agendo contemporaneamente.
– “…e nel mentre lei apre gli occhi dolcemente, e sussurrando negli occhi del suo cavaliere per la terza volta ‘stella d’argento’ stregò le sue labbra facendole dischiudere a suo comando; avanza lenta, muovendo a destra e sinistra il viso come un serpente fedele ai movimenti del suo incantatore, manipolando l’estasi dell’umido delle loro lingue, e più si avvicina più i loro occhi scoprono nuovi colori socchiudendosi all’unisono man mano che l’aria che li separa si dirada come aspirata da forze magiche esoteriche, i batteri delle loro bocche indossano armature di zucchero filato, soffice è la linea che li separa dal…” …bacio più lungo e bello di tutta la loro vita.
E a volte un momento diventa un ricordo nell’istante in cui succede perchè è così vero, così puro e così denso di significato che vuoi immortalarlo per sempre.