Perché Fregoli?… Capitolo 6

Perché Fregoli?… Capitolo 6

Perché Fregoli?

L’unica persona, individuo eretto, che riconobbe le tue potenzialità nascoste fu il Professor Sinemango. Forse un eloquente amico, forse un ottimo fratello maggiore.

“Scommetto che sei l’unico che mi abbia ascoltato per mezz’ora, nonostante tu sia l’unico a non fissarmi sul viso ma disegni da tutto questo tempo, vero?” – chiese Sinemango un venerdì di novembre in aula, così freddo che indossavi il cappuccio della tua felpa preferita.

Fregoli, giovane adolescente alle prese coi misteri della vita.

Ti alzi. Senza fiatare. Istinto e automatismo. Vai verso la porta di entrata, apri la porta, esci dall’aula, chiudi la porta, aspetti tre secondi, riapri la porta, entri, ti giri, chiudi la porta, ti volti e aspetti che tutti i compagni si alzino. Si alzano. Produci automatismi a quattordici anni. Vai verso la cattedra, la spingi fino al muro. Chiedi ad un compagno di aiutarti a spostare l’immensa lavagna, anch’essa aderente la parete. Ti togli l’orologio immaginario che non hai, ma che Sinemango toglieva sempre ed adagiava dolcemente sulla cattedra, sedendoti col medesimo dondolio anteriore delle gambe giovani di un ragazzo di trentaquattro anni con due lauree che arriva la mattina in moto e nella sua ora ti illustra la vita. Bastava starlo ad ascoltare. In cinque anni te ne raccontava di cose Sinemango. Dopodichè ti volti verso di lui e quasi a siglare la piena riuscita dell’immedesimazione, cominci come suo consueto, “vi siete mai chiesti perchè accadono cose impensabili in nazioni vicino alla nostra? Tito e la sgretolazione jugoslava. Che personali obiettivi conosci? Quanti libri leggi? Quali altre cose fai? Quante mille altre cose potresti fare?”… Poi scherzi coi ragazzi. Sei uno di loro. Sei Sinemango. Di sottecchi noti il suo sguardo. Sorrideva tra sè. Ti sorrideva. Ti illuminava.
Nei dieci minuti dopo quello sguardo sintetizzi tutto ciò di cui lui ha parlato in mezz’ora. Era il terzo anno di liceo. Per due anni e mezzo lo hai ascoltato. In quel momento comprendevi che lui capiva una cosa banale e semplice di te. Se vedi che sto disegnando, non vuol dire che non ti sto ascoltando, sai? So fare due cose insieme. A volte anche di più. Indipendenza di cassa per i batteristi. Indipendenza dei sensi per Fregoli. Ma chi dice che per ascoltare devi per forza stare fermo e immobile? “Per ascoltare bisogna saper guardare” diceva Don Chisciotte del cartonato “Fregoli” di Davide Toffolo. I seguenti due anni e mezzo è diventato tuo fratello maggiore, amico, confidente, molte cose in effetti. Da sprecare inchiostro ad elencarle. Ti vedeva dentro. E vedeva che eri speciale.

Capitolo 6 e mezzo

La storia di Piolo e dell’utopia di Piolandia che raccontò il professor Sinemango.

Racconto di un caldo primo giorno di giugno. Chissà per quale frangente. Piolo era un ragazzo molto intelligente. Piolo era emarginato. Piolo non lanciava cancellini. Piolo riceveva cancellini. Piolo se ne fregava, ma allo stesso tempo ne soffriva. Un giorno, un’idea balena nella testa di Piolo. Prendere il pennarello nero e disegnare un punto in una zona precisa del gigantesco atlante sulla parete alle spalle del professore. Dopodichè scriverci accanto “Piolandia”. In una corrispondenza astrale-cosmica in quell’ipertempo di cinque sbattiti di occhi passò per il corridoio il preside Napoleoni. La mamma di Piolo dopo un’ora stava per caricare in macchina Piolo, incapace neanche di piangere, che rischiava addirittura l’espulsione. Sinemango intervenne e decantò al preside l’umanità di quel ragazzo. Si dilungò e se non fosse stato per lui sarebbe stato espulso, e negli anni di piombo in quel liceo voleva dire essere bocciati. Disse sinteticamente: “questa scuola pullula di futuri criminali, e noi che facciamo? Mandiamo a casa i bravi ragazzi?”

Professor Sinemango, mi dispiace che dopo tanti anni la storia che ricordo maggiormente è questa. Come la mosca di Luttazzi in Satyricon.

Si, ma… perchè Fregoli?

Perchè un uomo non è mai finito finchè ha una grande storia da raccontare diceva Novecento.
La tua grande storia volevi essere tu.