Quello che ricordo è il senso delle cose – Capitolo 7

Quello che ricordo è il senso delle cose – Capitolo 7

Quello che ricordo è il senso delle cose

Se nella vita vuoi vivere a trecentosessanta gradi. Comincia a ragionare a trecentosessanta gradi. Certe volte nella vita, come nella grafica, l’importante non è mettere, ma è togliere. Fai tutto questo senza fretta e senza calma. Soprattutto divertendoti, tutto con gioco, ma niente per gioco. Paura e prudenza. Equilibrio. Senza entusiasmo raggiungerai solo obiettivi mediocri, con i piedi sempre per terra non volerai mai.

“Sette anni. Terza elementare perchè aveva fatto la primina. All’uscita di scuola, davanti la parete concava con disegni fatti dai bambini della stessa, bullo di quinta, orfano della città dei ragazzi, tiene per il bavero un compagno di classe di Fregoli. Fregoli uscendo senza dire niente si frappone tra i due e dice con tono normale al bulletto: “Perchè te la prendi con lui? …se qualcuno fosse più grande di te e ti trattasse allo stesso modo non saresti tristissimo?”, il bullo fece una smorfia acida, brutto anche pensarla su un candido viso di un ragazzo di dieci anni, alla quale la vita aveva tolto basi importanti. Dopodichè per ira sputò due volte sul grembiule di Fregoli. Lui non disse niente e non cambiò espressione. Dopo alcuni secondi allargò le braccia. Il classico stallo alla messicana. Voi cosa avreste voluto facesse il bullo? Un buon lieto fine cinematografico sarebbe potuto essere questo: ‘il bullo dà uno schiaffo a Fregoli ma subito dopo con scatto veemente lo abbraccia e singhiozza lacrime di giugno’. Si, sarebbe potuta andare così. In realtà il bullo prese a calci e pugni Fregoli, che però non cadde mai in terra, sempre poggiato al muro. Da quel giorno però il bullo non diede mai più fastidio. E ricordo un giorno, fortuna che ero nella sua classe, nell’ora di ginnastica sul campo da calcio. Fregoli e un altro ragazzo decidevano le squadre, nel classico modo infantile. Un giocatore a scelta per volta. Fregoli al suo primo turno scelse il bulletto di quell’episodio. Quel giorno le due classi combaciavano per una supplenza fortuita. Fantastico quando il destino ricama la giusta trama alle cose. Con gli occhi di bambina assistere a quella immagine mutò qualcosa nella mia anima, sai quando non sai spiegare come una frase ti resti così impressa nella memoria? Semplicemente perchè riflette una tua condizione, e la fai tua in maniera eclettica. Beh, ogni volta che ripenso questa immagine, capisco cose più grandi come la scelta del bene perchè consapevole migliore del male, in una vita dove la regola principale è che l’amore vinca su tutto, la nostra esistenza dovrebbe basarsi sulle amicizie, ai legami, al dolce pensare. Fregoli mi ha insegnato questo. Gli devo un ideale.”

Questo è il racconto di Milena, che conosce mio fratello Fregoli dalle elementari, e tutti i suoi dolci racconti sono sempre stati un modo per identificare mio fratello nell’età dell’infanzia, gli anni dell’anima pura e candida nel momento del massimo splendore.

Emma era stata la sua compagna di banco al liceo. Milena nei suoi racconti rinnovava un amore d’infanzia dolce delicatamente donato ad un’amica splendente. Quando si dice sorelle. In adorazione reciproca.
Cosa c’entra ora Milena? Ma cosa è successo a Emma? Ecco, se aspettate volevo introdurvi l’amica d’infanzia perennemente innamorata di mio fratello Fregoli. Questo capitolo della sua storia lo lascio introdurre a Milena, che lo scrisse così…